Nuove luci a San Siro. I progetti per quello che diventerà il nuovo stadio di AC Milan e FC Internazionale elaborati dalla società nordamericana Populous e dal gruppo internazionale David Manica e Sportium-Progetto Cmr sono stati presentati al Comune di Milano, alle commissioni congiunte Urbanistica, Bilancio e Sport, generando più perplessità che approvazioni. Populous propone uno stadio a forma di cattedrale che richiama il Duomo e le sue guglie, mentre Manica-Sportium propone un ovale in cui si intravedono due anelli che si intersecano a simboleggiare la volontà delle due squadre di portare avanti insieme un progetto comune. Escluse quindi le proposte di Hok e di Stefano Boeri, che aveva immaginato un «Bosco orizzontale».Le proposte dei nuovi distretti dedicati all’intrattenimento lasciano aperte molte questioni, si parte dalla volumetria alla dichiarazione di pubblico interesse di una trasformazione che dovrebbe demolire il Meazza. La decisione del Comune di Milano è attesa a metà novembre.
«Lo stadio Meazza così com’è non è non va più bene per due grandi squadre con grandi ambizioni. Siamo affezionati a San Siro ma ha fatto il suo tempo». Lo ha detto il presidente del Milan Paolo Scaroni, durante la presentazione dei progetti per il nuovo stadio San Siro. Si alza il velo sui progetti per la riqualificazione dell’area: dopo le indiscrezioni circolate nelle ultime settimane, le squadre di Inter e Milano hanno presentato «Gli Anelli di Milano» e «La Cattedrale», i due progetti selezionati per il nuovo stadio dei club, che dovrebbe prendere il posto del Giuseppe Meazza. Le società hanno segnalato che la presentazione dei due progetti segna l’avvio di un dialogo aperto con la città, in linea con la forte volontà dei club di coinvolgere le comunità locali e i propri tifosi in questo progetto.
Gli anelli di Milano propone un volume morbido, chiuso, definito dall’incrocio-sovrapposizione di due anelli che, dai colori cangianti, rappresentano passato e futuro della città e le due squadre Milan ed Inter. La proposta sceglie di mantenere il campo del vecchio Meazza aprendolo e mettendolo al centro della nuova area multifunzione. Così l’architetto statunitense David Manica ha presentato il progetto «Gli Anelli di Milano» di Manica+Sportium. "Un concetto semplice ma potente, due anelli che si intersecano, in equilibrio ma anche in contrapposizione", ha proseguito. Un impianto ovale in stile classico, su cui dominano appunto i due anelli, con la possibilità di personalizzare lo stadio con pannelli e luce: rosso quando giocherà il Milan, blu per l’Inter. "Uno stadio per i tifosi, che non sia una cattedrale", ha aggiunto Manica, che ha sottolineato come il progetto presenti più posti a sedere nelle curve, oltre ad una collocazione dei seggiolini più vicini al campo. Le facciate saranno composte da pannelli con 16mila volti dei tifosi.La particolarità è anche all’esterno, dove sopra la zona commerciale, Manica+Sportium ha scelto di mantenere lo storico terreno di gioco di San Siro, che diventerà un prato dove chiunque potrà giocare. Al centro del progetto anche ovviamente il nuovo distretto, con 10 ettari di giardini e un grande parco al centro.
Un omaggio al Duomo e alla Galleria Vittorio Emanuele. È questa l’idea al centro del progetto di Populous, presentato dallo studio di architetti statunitensi. "Ci siamo ispirati al Duomo e alla Galleria. Il nuovo stadio deve diventare un’icona come lo è adesso San Siro", ha detto Christopher Lee, managing director di Populous. Il progetto prevede quindi vetri e guglie per ricordare il Duomo: un parallelepipedo coperto di vetro che, anche grazie ad un gioco di luci, ricorda la cattedrale meneghina, legando la storia di Milano al nuovo stadio. "Qui la gente avrà la possibilità di passare tanto tempo insieme. Verrà creato un nuovo quartiere, ci sarà un grande parco, tutti potranno godere di queste strutture. E al posto dell’attuale stadio nascerà un museo". L’impianto si colorerà di rosso o di blu in base al fatto che giochino Milan o Inter, con spalti avvicinati al campo. "All’interno, l’impianto sarà come un catino, stiamo pensando ad uno stadio di circa 65 mila posti. Sarà uno stadio riconoscibile, sarà fatto per Milano, non si vedrà da nessun’altra parte. Chi lo vedrà, lo assocerà subito alla città di Milano", ha concluso Lee. La cattedrale del calcio è impostata su un pianta rettangolare, la stessa su cui si sviluppa l’attuale Meazza. L’involucro esterno, dai parallelepipedi volumi definiti, è chiuso da uno strato di vetro strutturale all’interno. Qui si sviluppano i diversi livelli di un impianto che ospita anche i musei delle squadre. Elemento caratteristico sono le grandi lamelle chiare, verticali e superiormente aggettanti che, ispirate ai fianchi del Duomo di Milano, cambiano colore riflettendo tutti i differenti colori che vi si possono proiettare.
Dopo undici anni è stato terminato il complesso residenziale firmato dallo studio danese Henning Larsen Architects
Realizzato sul waterfront del piccolo centro danese di Vejle, il complesso residenziale The Wave si erge come un’incarnazione architettonica del paesaggio circostante. Già vincitore dei Leaf Awardsnel 2012, l'anno successivo ha ricevuto il Civic Trust Award, il premio europero attribuito annualmente a quei progetti d’architettura, paesaggio, arte e design ritenuti particolarmente significativi dal punto di vista sociale, culturale o economico per la vita civica. Per la prima volta nella storia del premio, fra i vincitori c’è uno studio d’architettura danese.
La costruzione del complesso, progettato dallo studio Henning Larsen Architects e realizzato dal team a seguito della vittoria di un concorso bandito nel 2005 dalla società immobiliare Bertel Nielsen ha avuto inizio nel 2006. Inizialmente furono realizzate solo due torri delle 5 previste, a causa della recessione globale del 2008. Successivamente, nel 2009, anche se parzialmente terminato, le due torri vennero nominate “Edificio residenziale dell’anno” da Byggeri, attirando l’attenzione internazionale.
Dopo il riavvio dei lavori nel 2015, sono state completate tutte le torri dando vita alla visione architettonica originale di Henning Larsen. La quinta e ultima torre è stata terminata nel novembre 2018.
Situato a sud-est della penisola dello Jutland, l’edificio a onda oggi svetta sull’acqua con le sue cinque punte che altro non sono che un omaggio (in forma di architettura) alle forme morbide del fluttuare delle onde marine ed il dolce dispiegarsi della colline e del vicino fiordo. Con i suoi 14 mila metri quadri per un totale di 140 appartamenti, The Wave ingloba un molo aperto al pubblico trasformando il complesso in un centro a vocazione non solo residenziale, ma anche sociale all’interno della rivitalizzazione del lungomare di Veje.
Durante tutte le ore del giorno, la sagoma della struttura viene riflessa dallo specchio d’acqua antistante, dando vita a suggestivi giochi ottici. I palazzi a forma di onda sono composti da nove piani ciascuno e appaiono identici l’uno all’altro creando così l’aspetto di un unico edificio.
Søren Øllgaard, partner e design director dello studio, ha commentato: “abbiamo progettato The Wave come una nuova e sorprendente presenza nello skyline di Vejle, in modo da rispecchiare l'area circostante. Il punto di forza del nostro design è un forte senso di identità locale”. Aggiunge Louis Becker, altro membro di Henning Larsen Architects: “Con la sua splendida posizione che domina la passeggiata e la baia, questo edificio particolare rispetta e valorizza il potenziale dell’area. Durante il giorno le onde bianche vengono riflesse nel mare mentre la notte il suo inconfondibile profilo assomiglia a montagne illuminate dai mille colori”.
La Maison de l’Économie Créative et Culturelle, progettata dallo studio danese BIG, riunisce tre istituzioni culturali francesi in un’unica sede
Situata in posizione centrale tra il fiume Garonna e la stazione ferroviaria di Saint-Jean, il nuovo centro culturale MÉCA – Maison de l’Économie Créative et de la Culture en Aquitaine, ospita nello stesso edificio il FRAC – il Fondo Regionale dell’Aquitania per l’Arte Contemporanea – l’ECLA – L’Agenzia Culturale per la scrittura, la musica, il cinema e la radiodiffusione – e l’OARA – l’Ufficio Artistico della Regione Aquitania per le arti performative, offrendo alla città e alla regione un nuovo fulcro per la promozione artistica e culturale.
Il progetto, firmato dallo studio di architettura Bjarke Ingels Group insieme a FREAKS freearchitects, come descritto dai progettisti è caratterizzato da “giochi geometrici e linee molto forti” che “gli conferiscono un carattere cinetico”, rendendolo così paragonabile a “una creatura vivente”. Gli spazi esterni, infatti, si presentano come un sistema di rampe e gradini creando la cosiddetta “stanza urbana”, impiegabile anche per installazioni artistiche, concerti e spettacoli dal vivo, favorendo un’interessante ibridazione tra lo spazio pubblico cittadino e l’edificio. Il registro cambia negli spazi interni, dove le finiture scelte rispondono a criteri di versatilità, efficienza e funzionalità. All’eterogeneità del programma funzionale i progettisti contrappongono una sostanziale omogeneità a livello di materiali e soluzioni adottate, con un uso marcato del cemento e dell’alluminio.
"La molteplicità dei flussi e delle funzioni di MÉCA, che accoglie sia gli attori dell'ecosistema creativo regionale da un lato e le attività che godono il pubblico dall'altro, rende l'edificio uno strumento dinamico per stimolare la creazione. BIG ha perfettamente compreso la complessità del raggruppamento di tre istituzioni culturali, la circolazione tra professionisti e il pubblico in generale e l'inserimento dell'edificio a Bordeaux. " spiega Alain Rousset, Presidente del Consiglio Regionale della Nouvelle-Aquitania.
Costruito nell’arco di un triennio, l’edificio è lungo 120 metri e alto 37. Una serie di gradini e rampe portano il pubblico direttamente nella stanza urbana di 1.100 metri quadri all'aperto al centro del MÉCA, creando un'entità porosa per i visitatori che vagano liberamente tra la strada e la passeggiata sul fiume. Un cartello MÉCA alto 7 metri illumina lo spazio con luci a LED bianche, come un lampadario moderno alla scala della stanza urbana.
*"La stanza urbana è allo stesso tempo una cornice per le opere d'arte, un palcoscenico per le rappresentazioni, una sala di proiezione per le collezioni dei media e, forse, soprattutto, una stanza aperta per la vita urbana di Bordeaux per invadere e impegnarsi con le arti. Le finestre giganti che si affacciano sulla sala urbana offrono vedute della sala da ballo di OARA e, sul lato opposto, uno specchio inclinato riflette la lobby sottostante. I visitatori stanno quasi partecipando a un'installazione, solo stando lì. Inoltre, grandi gradinate su entrambi i lati dell'edificio invitano le persone a rilassarsi e godere di una vista straordinaria sul fiume Garonna e sulla città. " * Jakob Sand, Partner, GRANDE.
Una scultura in bronzo permanente raffigurante una mezza testa di Hermes dell'artista francese Benoît Maire si interseca con l'ingresso sul lungofiume, invitando i visitatori a riflettere sulla cultura contemporanea della regione.
Entrando a MÉCA dal piano terra, è presente la hall dovecon la cava a spirale e il ristorante, arredato con mobili rossi e sedie in sughero progettati da BIG in riferimento alla città conosciuta per il vino.
Un periscopio gigante vicino al ristorante e agli ascensori consente ai visitatori di vederele attività che si svolgono nella stanza urbana all'aperto e viceversa, creando un dialogo interno-esterno.
Sempre al piano terra, è presente il teatro con configurazioni di sedute flessibili e sistemi acustici ottimizzati. Al piano superiore è ubicato il cinema con 80 postazioni e gli uffici di produzione.
FRAC occupa i piani superiori con spazi espositivi alti 7 metri, studi di produzione per artisti, magazzini, auditorium da 90 posti e caffetteria.
La facciata di MÉCA è composta quasi interamente da 4.800 pannelli prefabbricati in calcestruzzo intervallati da finestre di varie dimensioni per controllare la quantità di luce che penetra all'interno e creare un senso di trasparenza. Le lastre di cemento, che pesano fino a 1,6 tonnellate, sono sabbiate con l'arenaria locale di Bordeaux. I granuli gialli per luminosità e calore irradiano l'edificio sotto il sole integrandolo alla città.
L’investimento di 60 milioni di Euro – sostenuto al 94% dalla Région Nouvelle-Aquitaine e per il resto dal Ministère de la Culture – ha dotato la città di un “edificio-icona” che pone in stretta relazione la Garonna con l’intera città. La struttura è la “casa viva e feconda” di tre distinte istituzioni francesi, pronte a fare la loro parte per rafforzare la varietà dell’offerta culturale di Bordeaux. E, di conseguenza, per attrarre visitatori.
Un progetto internazionale per rinnovare lo skyline della città
L’Arbre Blanc Residential Tower è frutto di un concorso internazionale denominato "La Folie architecturale de Richter” indetto dal consiglio comunale di Montpellier nel 2013 con lo scopo di rinnovare e arricchire il patrimonio architettonico dell’omonimo quartiere della città francese. L’obiettivo della competizione era quello di realizzare un progetto audace che si adattasse all’ambiente circostante e comprendesse abitazioni e negozi.
Il gruppo di architetti coinvolti nella progettazione, vincitori del concorso, è formato da Dimitri Roussel, Manal Rachdi OXO architects, Nicolas Laisné, e Sou Fujimoto Architect; un team che rappresenta il connubio tra due differenti generazioni e l’ibridazione delle culture tipica delle cittadine mediterranee: la giovane generazione francese è rappresentata da Manal Rachdi (Oxo) e Nicolas Laisné Associés, mentre il coinvolgimento del giapponese Sou Fujimoto dimostra l’internazionalità dell’opera e un portato teorico non indifferente.
Nella progettazione gli architetti si sono soffermati sull’accessibilità e sulla dimensione umana realizzando gli spazi pubblici nella parte inferiore e superiore dell’edificio. Al piano terra è presente una galleria d’arte con pareti di vetro che si aprono sulla strada, mentre sul tetto è presente un public bar e un'area comune per i residenti, appositamente pensata in modo che anche i proprietari degli appartamenti ai piani più bassi possano godere della vista panoramica.
L’elemento interessante dell’edificio è rappresentato dal suo design: ispirata ad un albero, l’architettura è composta da balconi che si dipartono da un tronco centrale e coperture in acciaio bianco che proteggono la facciata e rendono dinamiche le superfici esterne. Le proporzioni dei balconi sottolineano tale scopo abbracciando l'esterno, così come le foglie che si piegano alla ricerca della luce del sole.
I numerosi balconi e pergolati promuovono la vita all'aria aperta e consentono un nuovo tipo di relazione tra i residenti. Ogni appartamento ha uno spazio esterno di almeno 7 m² (il più grande è di 35 m²), con diversi livelli di privacy e layout. Affinché tutti gli appartamenti abbiano viste panoramiche, gli architetti hanno modellato il progetto realizzando una serie di esperimenti spaziali con modelli fisici 3D. Gli spazi esterni, così pensati, sono veri e propri salotti collegati alle abitazioni che permettono ai residenti di vivere simultaneamente l’interno e l’esterno.
I balconi inoltre creano un efficace velo protettivo per la facciata, forniscono l'ombra necessaria e interrompono i venti per aiutare l'aria a circolare in modo più armonioso.
L’edificio, composto da diciassette piani, parteciperà attivamente alla vita della città grazie alla presenza di numerosi spazi pubblici e alla capacità di inserirsi perfettamente nel sito, diventando al contempo anche un’attrazione.
ll “Mago della Luce” Giancarlo Fassina si è spento all’età di 84 anni. L’architetto e designer se n’è andato lo scorso venerdì 29 marzo, l’annuncio è stato dato dall’Adi, l’Associazione per il disegno industriale.
"Mago della luce", come era affettuosamente chiamato da molti suo colleghi designer, da oltre mezzo secolo, era specializzato nella progettazione di apparecchi per illuminazione. Ha collaborato con le più importanti aziende del settore: la luce era il suo mestiere, in ogni sua forma ed espressione.
Il suo nome è legato a una delle icone del design italiano, la lampada Tolomeo di Artemide, progettata con Michele De Lucchi e premiata con il Compasso d’Oro nel 1989. Simbolo di quel design italiano capace di essere reinterpretato nel corso del tempo con nuove tecnologie. Tolomeo nacque dal desiderio di reinterpretare la lampada da lavoro, che fino a quel momento era stata la Naska Loris degli Anni ’30. Michele De Lucchi progettò i meccanismi e le molle con un sistema ispirato ai trabucchi dei pescatori, che hanno una corda guida per manovrare la rete; aggiungendo un elemento che permetteva di spostare la lampada con una mano, magari per puntarla dove la matita dell’architetto sta disegnando. Altro dettaglio inconfondibile era il foro nella parte superiore del paralume, per dissipare calore, ma anche per una soffusa luce indiretta. Un successo immediato, un sistema poi declinato in vari colori e funzioni, non più solo lavoro, ma un’icona del made in Italy : dai 37 cm di altezza per la Micro ai 3 metri per quella da terra, il "sistema Tolomeo" include anche la versione a morsetto, quella da soffitto e anche quella outdoor.
Nato a Milano nel 1935, Fassina si diploma all'Istituto superiore di ingegneria di Friburgo e si laurea in architettura al Politecnico della stessa città. Inizia la carriera come responsabile della progettazione in un'azienda produttrice di motori endotermici e relative applicazioni industriali. Alla soglia dei 30 anni entra in Artemide, azienda milanese specializzata nella produzione di accessori per l'illuminazione (fondata da Ernesto Gismondi e Sergio Mazza nel 1959) con il compito di strutturare il settore tecnico-progettuale e il reparto di modellistica e prototipazione dei nuovi prodotti. E proprio durante questa fase lavorativa che Fassina partecipa attivamente alla definizione di tutti i prodotti Artemide. A stretto contatto con i migliori designer del tempo, segue la creazione di alcuni dei grandi successi del marchio, dal sistema Aggregato, progettato con Enzo Mari, a Dinarco, con Carlo Forcolini. A lui si devono anche importanti progetti di illuminazione di mostre: dalla diciassettesima Triennale di Milano, Il Progetto Domestico, alla quale lavorò con Mario Bellini nel 1986, alla mostra su Francesco Hayez a Palazzo Reale in anni più recenti, l’illuminazione del Teatro Fossati, sempre nel capoluogo lombardo, studiata con Marco Zanuso nel 1985. A partire dal 2001 collabora con altre aziende di primo piano (Luceplan, Nemo, Caimi Brevetti e altre ancora) per le quali progetta lampade e sistemi di illuminazione.